La dolce vita e la pizza di Joe a New York
Dove: New York, USA
Abbiamo trovato una panchina libera nella piazzetta Father Demo a Greenwich Village e ci siamo sedute con la pizza fumante fra le mani. È un trancio preso da Joe’s Pizza, un posto raccomandato su internet e dopo i primi morsi penso non sia male per essere una margherita cucinata a New York. Quando sono all’estero non mangio mai italiano ma stanotte abbiamo fatto un’eccezione con A. Dopo 4 mesi negli Stati Uniti mi sembra accettabile come compromesso.
Nonostante siano i primi giorni di ottobre, non fa freddo. Questa piazzetta è tranquilla, ci sono molte persone sedute che chiacchierano e mangiano d’asporto. Siamo vicine alla strada ma i rumori del traffico sono attutiti dagli alberi che ci circondano. Dopo una giornata passata a camminare era proprio quello che ci voleva.
– Ciao come va?
Do un morso alla mia pizza e lancio uno sguardo al signore accanto che mi guarda sorridendo. In pochi secondi valuto la situazione: vuole attaccare bottone? Cosa vorrà esattamente? Il portafogli è dentro lo zaino, nascosto nella tasca interna. New York è una metropoli e in pochi giorni abbiamo già avuto la nostra piccola dose di situazioni equivoche.
– Bene grazie. Tu?
– Molto bene, mi godo la serata. Da dove vieni?
Do un altro morso alla pizza e penso che il tipo sia abbastanza innocuo.
– Dall’Italia.
– Wow! Sei in vacanza qui a New York?
– Ho lavorato a Yellowstone per l’estate. Ora sono in viaggio per gli USA, l’ultima tappa è qui. Ritornerò in Italia a breve.
– Pazzesco. Spero ti siano piaciuti gli Stati Uniti. Io mi sono trasferito qui molti anni fa dalle Filippine. Non sono mai stato a Yellowstone.
– Abiti qui a Manhattan?
– No no – e ride.
Nel frattempo ho finito la mia margherita e A., la mia amica, mi fa cenno che si allontana un attimo per comprarci qualcosa da bere.
– Abito a Brooklyn. Ci siete state?
– No, non ancora. Pensavamo di andare domani. Provare un brunch.
– Dovete assolutamente. Anche Brooklyn è cambiata ma qui cambia tutto velocemente. Ti piace Fellini?
Lo guardo stupita. Fellini?
– Ogni mercoledì c’è un cinema vicino casa che proietta classici italiani. Io amo Fellini e Mastroianni. Sono pazzeschi. Siete proprio fortunati voi italiani. Avete fatto la storia del cinema.
A. è tornata e mi porge una coca-cola gelata. Io continuo ad ascoltare il tipo parlarmi del cinema italiano degli anni d’oro e sembra così rapito mentre mi racconta di film che io ammetto di non aver mai visto.
Ad un certo punto A. mi da una gomitata e capisco che dobbiamo andare via.
– Hey segnati il mio numero. Se venite a Brooklyn scrivetemi, vi darò dei suggerimenti su cosa vedere.
– Come ti chiami? Non ci siamo neanche presentati.
– Edgardo. Ma da quando vivo negli Stati Uniti sono Gary. Gli americani non riuscivano a pronunciarlo.
Ci sorridiamo e ci stringiamo la mano.
– Grazie Gary della compagnia. Ti scriverò sicuramente.
Ci immergiamo di nuovo nel caos della città, fra le sirene della polizia e i reclami pubblicitari di Times Square. Eppure in testa ho l’immagine sensuale di Anita Ekberg immersa nella Fontana di Trevi ne “La Dolce vita”.
“Marcello, come here!”.
Ottobre 2013