Il mio viaggio in Serbia: fra luci e ombre
Un ricordo di quando lavoravo come accompagnatrice turistica all’estero: il mio Club di Viaggi mi assegna un viaggio in Serbia. Conosco poco la storia di questo Paese e le poche nozioni non sono piacevoli: penso al regime di Milošević, al “Massacro di Srebrenica”, agli sbarchi albanesi sulle coste di Bari quando ero piccola. Alla guerra in Ex-Jugoslavia. Non so davvero cosa aspettarmi.
Il mio viaggio in Serbia e l’arrivo a Belgrado
Arrivo a Belgrado la mattina presto di un fine agosto ma qui sembra già autunno. La giornata è uggiosa, l’aeroporto minuscolo e l’autista che mi è venuto a prendere è di poche parole. Arriviamo dopo un tempo interminabile bloccati nel traffico, all’hotel. Spicca per la modernità in mezzo all’area che sembra grigia, periferica, un po’ bruttina. Il personale dell’hotel è però gentilissimo e quando arrivo in camera, trovo anche dei dolcetti e un succo di mele ad attendermi sulla scrivania. L’enorme vetrata della stanza si affaccia su delle villette, su alberi imponenti e sono stanca per il viaggio ma incuriosita da questo nuovo paesaggio.
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Verso ora di pranzo incontro la direttrice del tour operator con cui collaborerò in loco, una signora distinta che parla un perfetto inglese. Di tutti i viaggi che ho fatto finora è la persona più elegante che abbia mai incontrato, capisco che ci tiene davvero che il tour proceda al meglio e che i nostri soci vivano uno splendido soggiorno qui in Serbia.
Per oggi Belgrado è solo mia e posso esplorarla come voglio, con i miei tempi, senza preoccuparmi di nessuno. Il giorno dopo arriveranno i soci, in gran parte dalla Svezia e poi dalla Cina, dalla Romania, da Cipro e dalla Gran Bretagna. Arriveranno tutti in ritardo perché ci saranno dei problemi con gli aerei e il mio drink di benvenuto dovrà essere rimandato al giorno dopo. Sono gli imprevisti del mio lavoro.
Le luci e ombre della Serbia
Sarà un viaggio difficile perché capisco di sentirmi inadeguata rispetto al luogo che sto visitando. È la prima volta che visito un Paese che ha vissuto così recentemente la guerra e che possiede ancora i segni delle granate sui muri. Belgrado, per esempio, possiede un centro città curatissimo, con deliziosi bar all’ombra degli alberi dove sorseggiare un caffè e un lungo argine sul Danubio dove è bellissimo passeggiare. Eppure, basta allontanarsi di qualche metro dalle strade turistiche e ci si ritrova davanti ad edifici pericolanti. Un giorno osservo una bambina intrufolarsi dentro un palazzo fatiscente, superare il cancello di ferro divelto e raggiungere altri bambini addossati per terra su dei cartoni. Mi sembra sia tutto così, un viaggio fra luci e ombre.
Cerco di comprendere la Serbia parlando con Damjan, il mio partner in loco, che mi accompagnerà per tutto il viaggio. Ha qualche anno più di me e ha quello sguardo furbo e malizioso di chi sopravvive e di chi è abituato a sopravvivere. Una sera, quando beviamo in hotel una birra a fine giornata, mi racconta della sua famiglia e del suo desiderio di far vedere l’Italia al figlio.
“Qui lo stipendio medio è di €400-€500 e cosa ci fai? Come fai ad andartene da questo Paese, a visitare l’Europa?”.
Il ricordo della Serbia negli Altri
Sarà un viaggio difficile anche perché la memoria storica di questo Paese non vive solo su questo territorio ma anche nei ricordi dei soci del Club che accompagno. Durante una visita, mentre la guida del giorno esordisce dicendo “Ci raccontano come dei mostri, ma noi serbi non lo siamo”, avverto Mihai irrigidirsi accanto a me. È un ragazzone che possiede un pub in un paesino del centro Romania e ha un carattere molto schietto, anche troppo. “Quindi i fatti che sono avvenuti cosa sarebbero? Un’invenzione? I profughi che arrivavano in Romania?”, e sento un silenzio tombale scendere sul gruppo. I due iniziano a discutere e quello che sembrava un alterco cinico e pungente diventa in poche battute, una colata di acido. Intervengo subito per farli smettere perché non è quello il luogo e il momento per argomenti simili. Rimango però scossa e una sensazione sgradevole mi rimane addosso per tutta la giornata.
Luci e ombre perché la Serbia possiede una storia antichissima e nobile, siti archeologici interessanti e spazi naturalistici di una bellezza incredibile.
L’ultimo pomeriggio, torniamo a Belgrado. Con il gruppo mi rivedrò la sera per partecipare ad una cena folkloristica in centro, ma per per quelle poche ore che precedono l’evento, posso stare da sola e scelgo il Parco di Kalemegdan. Mi siedo su una panchina e osservo ciò che accade in una giornata qualsiasi di fine estate a Belgrado. Cerco di riconciliare i posti bellissimi che ho visto, la gentilezza delle persone che ho incontrato, con le ombre che ho appena intravisto.
Forse è così per tutti, forse è importante camminare in punta di piedi quando si visitano i Balcani.