Siamo davvero originali quando viaggiamo?
Siamo davvero sicuri di essere originali quando viaggiamo? Basta con le persone che lasciano il lavoro di una vita frustrante per viaggiare. Basta con chi sceglie di viaggiare da solo, solo in coppia, solo in gruppo di sole donne, di soli uomini. Basta con chi viaggia solo in autostop, solo in macchina, solo in bici, senza aereo, solo a piedi, solo in treno, solo in nave. Basta con chi viaggia gratis, chi vola in business gratis, chi alloggia negli hotel gratis, in Airbnb gratis. Basta con chi ha visto solo 50 Paesi, chi 80, chi 120, chi tutti. Basta con i timbri sul passaporto. Basta con le foto di viaggio postate su Instagram, con i vlog giornalieri, con le cartoline, con i post su Facebook.
Basta. Abbiamo rotto.
E ora partiamo da questo video:
Il viaggio di piacere, così come lo intendiamo nella nostra epoca, è relativamente recente. A viaggiare in passato erano i figli dell’aristocrazia ottocentesca, i giovani rampolli che dovevano viaggiare per formarsi. Il viaggio faceva parte di quel lungo processo che li avrebbe portati ad acquisire tutte le conoscenze necessarie a diventare dei gentiluomini di tutto rispetto. Era l’epoca del Gran Tour: si partiva dal nord Europa e si scendeva, sempre più a sud, fino alla Sicilia e oltre.
Cosa è rimasto di quel periodo nella nostra epoca? Ormai potenzialmente chiunque può viaggiare. Il viaggio è alla portata di tutti, di qualsiasi portafoglio e di qualsiasi desiderio. Secondo la UNWTO (United Nations World Tourism Organization, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa del coordinamento delle politiche turistiche a livello mondiale), nel 2017 hanno viaggiato circa più di 1 miliardo di persone (e si stima che il fenomeno sarà in crescita del 4-5% anche nel 2018). Cifre da capogiro e che suggeriscono i soldi che questo settore (che non conosce crisi), riesce a far girare.
In passato solo chi era benestante poteva, quindi, viaggiare. E ora? I viaggi in aereo hanno accorciato le distanze e i voli low cost hanno permesso a chiunque di spostarsi in giro per l’Europa. E non solo. Ormai con qualche centinaia di euro, privandoci di alcuni comfort, possiamo anche volare negli Stati Uniti. Che cosa significa?
Siamo già entrati in una nuova era dei viaggi intercontinentali.
In passato il viaggio era raccontato dagli esploratori, dagli uomini di fede, dagli scrittori. Laddove mancavano le immagini, arrivava la penna e la fantasia. Marco Polo narrava di una Cina misteriosa e magica nel “Milione”, così come i racconti dei missionari gesuiti in Asia del 1500. E centinaia di anni dopo, quando i viaggi in nave sarebbero diventati più sicuri, sarebbero stati gli esploratori europei a contraddistinguere la letteratura. È l’Arthur de “Le avventure di Gordon Pym“, di Edgar Allan Poe, a spingersi con la sua scialuppa di naufraghi ai confini del mondo (allora) conosciuto ed essere inghiottito dalla nebbia. O i protagonisti di “Cuore di Tenebra” e “Linea d’ombra” di Joseph Conrad, a far sognare e inorridire piacevolmente i contemporanei, leggendoli immersi nella giungla malesiana, cupa e misteriosa.
Come dovevano sembrare esotici i luoghi narrati da questi scrittori. E ora? Ora che internet ci ha permesso non solo di accorciare le distanze ma di annullarle? Ora che possiamo con un click collegarci a una webcam in Alaska o a Tokyo, studiarci la mappa di una città dove non siamo ancora stati e dove forse non saremo mai? Viaggiamo con un’idea ben precisa di ciò che troveremo. Anzi, così come scrive Marco Aime in “L’altro e l’altrove” (ed. Enaudi), sembra che viaggiamo proprio per confermare l’idea che abbiamo di quel determinato posto.
Il Paese (la città) passa come in secondo piano e a divenire protagonista del viaggio è l’esperienza stessa.
Anzi siamo NOI.
Ecco chi viaggia da solo, chi solo in coppia (di innamorati, di amici). Chi viaggia solo a piedi, solo in bici, solo in autostop, solo in macchina, senza aereo, solo in treno, solo in nave. Chi abbandona il lavoro della vita, frustrante e ben/mal pagato e incomincia a viaggiare.
Ritornando al video iniziale, la verità è che il viaggio siamo noi, nel bene e nel male. E non siamo nemmeno così originali come pensavamo.
Viaggiare è fondamentale ma nonostante io riconosca l’importanza che ricopra per la conoscenza di se stessi, credo anche che non dovremmo perdere la curiosità verso il Paese che si sta visitando. Lasciamo perdere per un attimo la macchina fotografica e concentriamoci sui suoni, gli odori che ci circondano. È questo ciò che ci rimarrà indelebile nella mente.
Per tutto il resto ci sono i filtri di Instagram.
Vuoi approfondire?
“L’altro e l’altrove – Antropologia, geografia e turismo”, Marco Aime e Davide Papotti, Ed. Einaudi (2012)