Sabato scorso abbiamo deciso pertanto di andare sull’Altopiano del Cansiglio, una zona dove né io né il mio ragazzo eravamo mai stati. Ci siamo un po’ informati su internet e alla fine abbiamo scelto come punto di partenza il Villaggio Cimbro di Vallorch.
Sarò malata di “montagnite”, ma era da settimane che sognavo il fresco della montagna. Immagino che i 30 gradi di massima quotidiani qui a Venezia facciano la loro parte!
Questo è stato indicativamente il nostro percorso:
In autostrada il viaggio è breve e in un’ora e mezza si arriva a Vittorio Veneto (per il pedaggio il costo totale di andata e ritorno è di circa €10). Facciamo una piccola sosta al supermercato Cadoro lungo la strada per la Foresta del Cansiglio (molto comodo se necessitate di acqua o qualche snack da consumare lungo l’escursione), e infine dopo 20 minuti di strada tortuosa (povera macchinina, è una citycar che soffre in salita!) arriviamo nel parcheggio del Centro di Educazione Naturalistica, vicino al Villaggio Cimbro di Vallorch.
[tw-toggle title=”Chi sono i Cimbri?”]
E’ una minoranza etnica di origine germanica che si stabilì nel Basso Medioevo sull’Altopiano dell’Alpago principalmente per lavorare il legno. Allo stato attuale piccole comunità cimbre possono trovarsi tra le province di Trento, Vicenza e Verona mentre una comunità più recente sull’Altopiano del Cansiglio (incluso il Villaggio di Vallorch). La lingua cimbra ormai è in disuso ed è parlata solo da una sparuta minoranza.
Se vi interessa qui c’è il sito ufficiale dell’Assicurazione Culturale Cimbri del Cansiglio. E questo è un video che ho trovato su Youtube anche se devo dire che la musica scelta è abbastanza inquietante.
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[tw-toggle title=”Il Villaggio di Vallorch”]
Il Villaggio di Vallorch fu fondato intorno alla metà dell’Ottocento per poter svolgere una delle professioni principali dell’area: gli scatoleri, ovvero i fabbricanti di scatole. Come oggi, infatti, la zona era circondata da foreste di faggi utili per questo tipo di lavorazione del legno e presto Vallorch divenne uno dei villaggi cimbri principali del Cansiglio. Purtroppo però, a cavallo di entrambe le guerre, il villaggio fu distrutto e ormai è registrato un solo residente (anche se pare si popoli durante il periodo estivo).
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Cambiate le scarpe (indossare gli scarponcini con il caldo che c’era a Venezia sembrava una pura eresia), partiamo alla conquista del Cansiglio (provvisti ovviamente sul cellulare di mappe con i sentieri tracciati)! Il sentiero scelto costeggia la vallata fiorita per poi addentrarsi dentro la foresta. I cellulari non prendono quindi l’unica preoccupazione è quella di non perdersi (su internet infatti avevamo letto che i sentieri non erano segnati molto bene e c’era il rischio concreto di perdere la strada).
Il primo impatto è l’umidità nell’aria, forse ci aspettavamo un clima più secco ma la mia ignoranza in materia non mi permette di proseguire oltre sul discorso. In quel momento penso solo che i pantaloncini corti sono stati una scelta azzeccata e che forse non sopravvivrei in una foresta tropicale (in mente ancora le immagini di quel programma trash Nudi e Crudi).
Dopo 10 minuti di camminata relativamente tranquilla si decide (leggi: il mio ragazzo decide) di aumentare il livello di difficoltà e incominciamo a salire, seguendo il “Percorso R” che si inerpica lungo la montagna.
[tw-toggle title=”Come si riconoscono i sentieri?”]
Per chi non fosse avvezzo a questo tipo di passatempo, è necessario sapere che i sentieri sono tracciati con delle lettere/numeri sui fianchi degli alberi, sui massi o con delle bandierine colorate. Questo lavoro è svolto dal CAI (Club Alpino Italiano) o da altre organizzazioni locali o regionali. Normalmente il colore di riferimento è il rosso/bianco, ma non esiste una norma standardizzata in Italia.
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Questo sentiero è ospitato da un largo letto di un torrente in secca (immagino da molto tempo ormai) e quindi bisogna letteralmente quasi “arrampicarsi” fra i massi e tronchi e rami adagiati in mezzo. Dopo il primo strisciamento (e imprecazione) contro una pianta di ortica, mi rimangio tutti i bei pensieri sui pantaloncini corti; però, sono contenta di non avere troppo il fiato corto e che meraviglia quando lungo i crinali della montagna vediamo due caprioli aggirarsi fra gli alberi! Mi ricorda la prima volta che ne vidi uno brucare vicino il mio dormitorio a Yellowstone.
Nonostante tutto però il “Sentiero R” non è ben segnato e in vari punti ci perdiamo e sembra di partecipare a una caccia al tesoro, dove gli alberi e i massi segnati con la vernice rossa e la Lettera R, sono i tesori da trovare. Superato questo tratto continuiamo su un altri due sentieri e decidiamo di arrivare all’Agriturismo Malga Mezzomiglio per pranzare. Poco prima incontriamo una coppia (le prime persone dopo due ore di camminata!), che prende il sole sopra delle panche in legno. Lì vicino c’è un piccolo rifugio costruito, ci spiegano, dalla gente del posto qualche anno prima. All’interno è possibile sostare quanto tempo si vuole, riscaldarsi il cibo o cucinare e dormire sopra il soppalco; l’importante è lasciare tutto pulito dopo il proprio passaggio e magari riempire con un po’ di cibo la dispensa per i prossimi “ospiti”. Questa è una delle tipiche situazioni che mi piacciono molto della montagna: la condivisione e il rispetto reciprochi. Quasi quasi mi piacerebbe anche tornarci in quel piccolo rifugio e dormire lì un weekend. Chissà…
Lasciata la coppia proseguiamo lungo il sentiero e dopo una mezz’oretta arriviamo infine sopra la “vetta”, la foresta alle spalle e davanti a noi i prati percossi dal venticello fresco.
Il rifugio è anche un agriturismo ma un’altra coppia che incontriamo lì vicino, ci sconsiglia di mangiare qualcosa lì (prezzi alti e bassa qualità). In realtà durante la scarpinata sognavamo di mangiare uno strudel post pranzo ma i nostri sogni cadono a pezzi molto velocemente davanti ai loro visi sdegnati. Ci confrontiamo con loro sul percorso da scegliere per ritornare a Vallorch, ci ritroviamo d’accordo sulla scarsa chiarezza dei sentieri tracciati e infine siamo loro vittime di terrorismo psicologico al commento “qui è pieno di zecche, state attenti” (e dopo le ortiche bestemmio, per la seconda volta, i mie pantaloncini corti).
Finalmente ci sediamo davanti al panorama bellissimo davanti a noi e mangiamo i nostri panini come se non ci fosse un domani (la fame dei guerrieri), continuando a guardare in modo ossessivo il prato e le potenziali zecche-succhia-anima che ora sappiamo circondarci con cattiveria.
Dopo una mezz’oretta ci prendiamo un caffè (1€ a testa, tutto sommato onesti) e ci incamminiamo lungo i pascoli, cercando di individuare il sentiero che abbiamo scelto per tornare indietro (ci sentiamo originali e non vogliamo ripercorrere la stessa strada dell’andata). Il grande problema è che gli unici punti di riferimento da seguire sono delle bandierine rosse ficcate nel terreno e a un certo punto…scompaiono del tutto! Davanti a noi ci sono solo collinette sferzate dal vento e le nuvole nel cielo sono troppo grigie per promettere qualcosa di buono. E’ un paesaggio così verde e umido che mi ricorda nostalgicamente l’Irlanda.
Continuare o non continuare? Sappiamo che davanti a noi ci sono ancora almeno due ore di cammino e la difficoltà di vedere il sentiero da seguire ci preoccupa. Alla fine intraviste delle persone su un crinale della collina ci lanciamo al loro inseguimento e riusciamo a parlare con un signore di mezza età, che ci sconsiglia di proseguire oltre ma di tornare indietro e prendere un altro sentiero (che poi si sarebbe ricongiunto con quello fatto all’andata). Lasciamo perdere il desiderio di avventura e seguiamo il suo consiglio (era da 10 anni che percorreva quelle strade e ci fidiamo di lui). Ci spiega che purtroppo con i tagli che sono stati fatti alle Guardie Forestali negli ultimi tempi, ormai in quella zona lavorano solo tre persone e non hanno la possibilità di ritracciare i sentieri. E’ un peccato perché questa zona è molto interessante e meriterebbe di essere maggiormente valorizzata.
Riprendiamo il sentiero consigliatoci e dopo un’oretta e mezza arriviamo al Villaggio Vallorch!
Ci sono pochissime case e sembra di camminare in un sogno perché tutte le abitazioni sono chiuse, colorate e pitturate di fresco e il silenzio, interrotto solo dal canto degli uccellini, regna ovunque. Ci accoglie solo un cagnolino che salta così eccitato di vederci che fa quasi tenerezza. Le stradine sono in ordine e pulite, i fiori ai balconcini di legno sono colorati e rigogliosi eppure sembra di essere sul set di un film. Sarà l’orario? Non lo sappiamo ma questo posto mi mette un po’ a disagio. Intravediamo solo due ragazzi fumare seduti sul patio di una casetta (il cane appartiene a loro) ma oltre a un cenno della mano non riceviamo altri riconoscimenti. Passiamo vicino a una chiesa cimbra minuscola e poi incominciamo a scendere il crinale della collina, arrivando al parcheggio.
La macchina c’è ancora (l’anima diffidente barese non muore mai), bella calda e accogliente.
E’ stata una bella escursione, che sicuramente consiglio di fare solo però se provvisti di mappe (cartacee o GPS).